martedì 28 dicembre 2004

Tsunami e Lauree


Ho cominciato a scrivere la mia Tesi di Laurea.
Una catastrofe. Migliaia di morti nelle zone più povere del pianeta. Onde giganti che devastano Asia e Africa. Economie in ginocchio. Piogge torrenziali dall'altro capo del mondo. Centrali nucleari a rischio di disastro. Sarno trema sotto una pioggia battente, mentre la maledetta montagna incombe.
L'asse polare della terra si è spostato di qualche grado, e l'isola di Sumatra si è spostata di trenta metri.
Le onde sono state provocate da un terremoto che ha avuto epicentro in fondo all'Oceano Indiano, vicino alle Andamane.una successione di tre Tsunami alte una ventina di metri che si sono abbattute sulle coste a circa 500 km all'ora hanno creato il disastro. Gravissima la situazione in Asia, dove è prevista la necessità di aiuti internazionali per molti anni, ma anche l'Africa è stata in qualche modo colpita, seppure in maniera molto meno grave. Questo a fare intendere bene la portata della catastrofe.
Da noi piove, e ci sarà da vedere le conseguenze nel medio periodo. C'è una teoria scientifica che fa discendere le epidemie di Peste nel Medioevo dalle mutate condizioni climatiche del pianeta in seguito ad un eruzione nel Pacifico del X secolo. Il raffreddamento delle temperature avrebbe reso ideale l'ambiente riproduttivo del batterio responsabile della peste, con conseguenti epidemie. Oggi, d'altra parte, l'OMS ci avverte del rischio colera in Asia.
Questo 28 dicembre sarà da ricordare, per poter spiegare diverse cose che ci aspettano. E non saranno belle, c'è da scommetterci. Un po' come il 4 settembre a Beslan, in Ossezia. Ci sono date che non vanno dimenticate, 11 settembre a parte.

martedì 14 dicembre 2004

Babbo Bastardo


Che bel Natale... Finalmente lo spirito di Santa Claus illustrato con i criteri di oggi, moderni, giovani e forti. Il buon vecchio Santa diventa così uno scassinatore, rapinatore di grandi magazzini, che in compagnia di un Nano infido architetta colpi sotto le feste. Ma una barista fissata con le Jacuzzi e con Babbo Natale e un obeso bambino con accenni di ritardo mentale condurranno Willie-Billy Thornton a diventare un vero Babbo Natale, con tanto di finale positivo-non-melenso, degno del periodo in cui esce.
Il film ci è piaciuto, a tratti offre spaccati di cinismo duro, ai limiti. In altri momenti, invece, ha sfumature sentimentali mai banali e molto delicate. Sia nella gestione del rapporto con il bambino, sia con la ragazza.
Carino.


lunedì 22 novembre 2004

Se Mi Lasci ti Cancello


L'ultimo film di Gondry dipana il nodo relativo ad una delle fantasie più ricorrenti: cancellare dalla propria vita una relazione sbagliata. Il film che ne esce è carino, garbato, ben costruito. Solo che non ci si capacita di come possa essere considerato una commedia; a tratti offre delle scene di un'angoscia penetrante: Il prologo del film, ad esempio, ci dà un Jim Carrey tristissimo, e una Winslet inquietante.
Comunque (io non volevo andarci, sono stato trascinato più o meno cona la forza bruta) il film vale. Un'ultima nota: Il montaggio mi ha fatto venire la nausea. L'ultima volta mi è capitato con la Trilogia di Star Wars, vista con Beccaccino al Doria, *COMPLETA*. Però eravamo abbastanza drogati. Altri tempi. 

lunedì 15 novembre 2004

2046 - Così fan Tutti


Kar Wai Wong ci regala un film, presentato come il seguito di "In the Mood for Love". Il film è piacevole, articolato e con una galleria di personaggi varia e "pittorica". Realtà e fantasia si inseguono e si spiegano vicendevolmente: il romanzo diventa la realtà dell'io narrante filtrata, e la vita vissuta diventa essa stessa oggetto di narrazione. Bello. Bella l'idea - vagamente Dickiana dell'androide con le emozioni differite. Sembra un'effettiva evoluzione di Rachel in Blade Runner, frutto di un'elaborazione originale e delicata. Sul piano della narrazione "storica", invece, è apprezzabile la prospettiva in cui vengono illustrate le Tigri Asiatiche negli anni sessanta. Hong Kong, Singapore e la Malesia - così come il giappone - sono presenti in personaggi e in (belle) pagine di narrazione, e non con espedienti facili e costosi di fotografia. Come dire, quando  pagine di livello sostituiscono sets miliardari.
Per quanto riguarda invece l'ultimo di Agnès Jaoui, tradotto a cazzo di cane dall'originale "Comme Une Image", si tratta di una pellicola accattivante, ma non destinata a rimanere impressa nella memoria. Le vicende delle famiglie di scrittori sono carine e ben articolate; i personaggi tutti ben ritagliati. Sylvia, l'insegnante di canto interpretata dalla stessa Jaoui mi ha colpito molto, per delle sfumature periferiche del personaggio: sguardo, modo di relazionarsi e uscita finale sembrano denunciare suoi effettivi trascorsi nel mondo che descrive, tanto è attendibile. Quello che manca è una storia avvincente, ma il tipo di cinema - molto francese - è più incline al situazionismo che non allo sviluppo narrativo. Degno di nota l'assistente ex-terrorista bruciato, esilarante in alcune pose. Bravissimi tutti gli attori, e plot scritto molto bene. Il Film scorre, fresco e limpido, ma non rimane. E' nella sua natura.

venerdì 12 novembre 2004

Bestiario Internazionale


E’ dai tempi di Fedro che gli animali offrono spunti di lettura sui comportamenti umani. Dalle aquile dell’antica Roma ai gonfaloni delle città medievali, poi, alcune bestie hanno cominciato a rappresentare intere comunità; il Palio di Siena è paradigmatico in questo senso. Oggi le cose non sono molto cambiate. Orsi, Aquile, Leoni, Lupi e quant’altro sono ben presenti – se non proprio nelle bandiere – almeno nel senso d’appartenenza di diverse popolazioni. Allora l’Orso d’Oro premia il miglior film della rassegna cinematografica a Berlino, riprendendo il simbolo araldico medievale del Länder di Berlino; Il Leone d’Oro fa la stessa cosa a Venezia, rappresentata sin dal medioevo dal Leone di S. Marco; l’aquila (che sia Asburgica, romana o dalla testa bianca) campeggia su tantissimi vessilli, e ricorda altrettante nazioni, tra cui gli U.S.A. E a proposito di questi ultimi, c’è un aneddoto divertente legato all’animale da scegliere per rappresentare il popolo americano. Il Tacchino, e questo a noi fa sorridere, è stato proposto come simbolo degli Stati Uniti d’America nientemeno che da Benjamin Franklin, il quale trovò nel grasso volatile-non-volatile il simbolo degno del popolo americano. Molto meglio dell’aquila dalla testa bianca, la quale, rubando il cibo ad altre specie, stata descritta da Franklin in una lettera alla figlia, un animale dal “cattivo carattere morale”. In più, il tacchino è davvero la forma di vita autoctona per eccellenza del territorio americano. Com’è andata a finire, lo si capisce oggi: il giorno del Thanksgiving, milioni di tavole statunitensi rendono omaggio al grasso e goffo pennuto appiedato, che tanto richiama alla memoria obesi spettatori di reality shows. L’aquila dalla testa bianca è invece cucita sul braccio destro di ogni Top Gun che si rispetti, impressa sul dollaro e su ogni simbolo del potere istituzionale americano. E poi dicono che uomini e animali non si assomigliano….


La “Grande Anima” sbarca in TV


All’inizio, non ci volevo credere. Uno spot commerciale che utilizza l’immagine del Mahatma Gandhi mi sembrava un’offesa gravissima, del tipo un cartellone pubblicitario di maglieria intima con Maria Goretti a fare da testimonial. Poi, quelle parole: lasciate che i vostri cuori battano all’inisono con quello che dico, e penso che allora il mio lavoro sarà concluso. Nel mondo della tv dei nani e delle ballerine, delle televendite e degli indici d’ascolto, è pur sempre un messaggio di spessore. Le parole (che in verità sono appena intelleggibili) sono tratte da un discorso, tenuto a Delhi, conosciuto come One World, con un’obliqua omissione: “If you want give a message to the west, it must a message of love” : nella pubblicità viene taciuto il riferimento all’occidente. La regia dello spot è di Spike Lee, mentre la musica è Sacrifice di Lisa Gerard e Peter Burke. Se avesse potuto comunicare così, oggi che mondo sarebbe?
La domanda, piuttosto, è: Gandhi televisivo avrebbe avuto senso? Magari invitato da Cucuzza….

Un pensiero per Pietro Paolo Virdis. Che ha aperto a Milano "Il Gusto di Virdis"....


Primo maggio del 1988. Il rombo del San Paolo ottunde i sensi. C’è Gullit, sulla destra, sta accelleranndo. Quando fa così, quello il fondo lo guadagna, non ci piove. Io entro. Mentre sto tagliando in area lo stadio tace. Questo è gol. Lo riconosci subito il pallone che entra, prima di vederlo. Lo senti con il piede, o con la testa. E l’incocciata è di quelle che fanno male, non ammette repliche. Una testata sarda. Garella, con il suo metro e novanta, può farci niente. La rete si gonfia, è Scudetto!

Il calcio piace perché ha tante storie da raccontare, che nel tempo diventano leggenda. Si cominciò a parlare di Pietro Paolo Virdis nel 77’, quando si rifiutò ostinatamente di passare dal Cagliari alla Juve; Tutti i torti non li aveva: i bianconeri avevano Rossi in arrivo dal Lanerossi Vicenza, e Virdis voleva il peso dell’attacco per sè. Ancora meglio, il peso dell’attacco della squadra più vicina alla sua gente. Dopo l’addio di Riva, infatti, gli Isolani cercano il simbolo, l’idolo. Ad ogni modo, la Juve lo prende ugualmente, conducendo trattative estenuanti. “Ovviamente”, ci viene da dire,  Virdis a Torino non rende: Mononucleosi, lesioni al menisco ed infortuni vari lo tengono lontano da uno stato di forma ottimale, e il suo rifiuto tanto ostentato gli verrà spesso rinfacciato.
Quando nel 1980 - dopo tre stagioni altalenanti - viene girato a  Cagliari in prestito per cercarne il recupero, non sarà la stessa cosa: cinque goals in ventidue partite. Ritornerà alla vecchia signora nella stagione 1981-82. Il posto in nazionale per la spedizione spagnola, però, è chiuso da Rossi, Graziani e Altobelli. Sarà il suo ultimo campionato a Torino: il rapporto conflittuale si risolverà con il passaggio dell’attaccante all’Udinese, proprio al termine della sua stagione miglione in bianconero (nove goals in 30 presenze). Qui stenterà nel primo anno, ma farà una soddisfacente seconda stagione: dieci goals in ventinove presenze. Tutto è pronto per il grande salto, che arriva nella stagione 1984-1985, anno dello scudetto “magico” del Verona. In realtà, il Milan – nuovo approdo per la punta Sassarese – è in quegli anni in acque perniciose: Dal 1980 al 1985 la squadra veleggia tra la serie B e la mezza classifica, fino a quando Silvio Berlusconi, nel 1986, fonderà il “Grande Milan”: ma tutto questoVirdis non lo sa, e  si presenta in casa rossonera con nove goals in ventotto partite, nell’anno di esordio di Paolo Maldini (una presenza, a sedici anni). Per i rossoneri, in quell’anno, un magro sesto posto. Ma il cambio di dirigenza non tarda a farsi sentire: nell’86-87, dopo uno spareggio con la Sampdoria, il Milan approda in coppa UEFA, dove viene eliminato al secondo turno dall’Espanyol e, in campionato, Virdis segna (vince il titolo di capocannoniere con 17 reti) e fa segnare. E’ lo squillo di tromba. Quell’anno, passato alla storia per il primo scudetto del Napoli di Maradona, il Milan chiude al quinto posto, ma la formazione è di quelle costruite per vincere. Nel frattempo Michel Platini, “Le Roi”, disputa la sua ultima partita, lasciando una Juventus orfana, e lontana dal titolo per ben sette anni. Si chiude il ciclo della grande Juve degli anni ottanta, e si apre l’ èra di Sacchi. Un calcio spettacolare, veloce e aggressivo, che impone il gioco agli avversari. Gli Olandesi offrono spunto e geometrie, mentre le prodezze dello sfortunato Van Basten, tormentato dalle proprie caviglie, vengono bilanciate dalla rude concretezza tutta isolana di Virdis. Dello scudetto, si è già detto in apertura; la Coppa dei campioni, invece?

La Coppa dei Campioni giocata dal Milan nel 1989 è stata consegnata alla storia per le partite degli ottavi tra Milan e Stella Rossa; a Milano la squadra di Belgrado impose il gioco, portandosi in vantaggio ma facendosi raggiungere dopo appena un minuto: al ritorno, invece, la partita fu sospesa a causa della nebbia sull’1 a 0 per i padroni di casa, in superiorità numerica, un quarto d’ora dopo l’inizio del secondo tempo. Venne rigiocata il giorno dopo, ma il Milan era un’altra squadra. Furono i rossoneri a portarsi in vantaggio, raggiunti  dopo poco da Dragan Stojkovic, che il campionato italiano avrebbe visto in azione (non con molta fortuna, in verità) nelle file dell’Hellas Verona. I supplementari non dissero nulla, ma i rigori decretarono il successo milanista, che sarebbe arrivato alla finale, vincendola.

Quell’edizione della coppa non vide Virdis tra i protagonisti. D’altra parte, le migliori annate del bomber coincisero, per una sfortuna maledetta, a quelle peggiori per il Diavolo. Si è già detto di come vinse il titolo di capocannoniere in un Milan in odore di fallimento. In quel 1989, però, Virdis si distinse – nel bene e nel male -  in due occasioni: guarda un po’ il caso, proprio nelle due partite cruciali con gli Jugoslavi della Stella Rossa. Fu lui a reagire al goal dell’andata, realizzando il pareggio dopo solo un minuto, e fu sempre lui a regalare un uomo agli avversari nella controversa prima partita di ritorno. La fitta coltre di nebbia che scese sul campo, quel 9 novembre del 1988, dovette sembrare una specie di segno divino. Savicevic aveva segnato un goal dei suoi, da Genio; il Milan perdeva, e a Virdis erano saltati i nervi: rimediò l’espulsione, appena tre minuti prima dell’interruzione della partita. Quando l’arbitro Pauly sospese il match, Virdis era già sotto la doccia. Strana inversione, per chi era solito giocare solo finali di partita. In tutto quell’anno, infatti, Virdis tornò all’antico; ai tempi in cui, a sedici anni nella Nuorese, entrava nell’ultima mezzora, segnando con impressionante regolarità. Una specie di Montella ante litteram. Ma in coppa le reti dell’ariete sardo, annunciate dal doppio confronto del primo turno con il Vitocha, non furono tante. Furono pesanti, quello si, ma non tante. Il Cigno Van Basten, all’epoca la più forte punta del mondo, viaggiava ad altre medie. Ma senza il brizzolato cannoniere di Sassari, il palmares del Milan sarebbe più povero: ci volle tutta la sua caparbietà, la sua propensione allo “sgarbo” (Fiorentina e Roma ne sanno qualcosa) per riacchiappare un pareggio dopo appena un minuto. Unò-Duè. Palla al centro. Ci vediamo a Belgrado.

giovedì 11 novembre 2004

Morto Arafat


Oggi, 11 novembre 2004 è finita la lunga agonia di Yasser Arafat. E' morto questa mattina alle 03.30 all'ospedale militare Percy a Clamart, vicino Parigi, dove era ricoverato da venerdì 29 ottobre.
Dopo tredici giorni di agonia e una triste girandola di annunci e smentite sulla sua fine, il presidente palestinese ha lasciato ufficialmente la scena all'età di 75 anni, lontano dalla sua terra palestinese.
La salma del raìs sarà trasportata al Cairo, dove domani si terranno i funerali.hanno proclamato tre giorni di lutto. Sei capi di stato hanno già annunciato la loro presenza: oltre al presidente egiziano Hosni Mubarak, vi saranno il re di Giordania Abdullah II, e i presidenti di Yemen, Algeria, Sudafrica e Brasile. Arafat sarà invece sepolto sabato a Ramallah. ''Tutto avrà luogo alla Moqata, che è un simbolo perché è lì che ha vissuto'' ha dichiarato ieri il segretario della presidenza palestinese, Tayeb Abdelraihm.
Dopo l'annuncio ufficiale della morte di Arafat, l'autorità palestinese ha proclamato 40 giorni di lutto a Gaza e in Cisgiordania. A Ramallah sono state esposte le bandiere a mezz'asta. La televisione ha cominciato a diffondere versi del Corano mentre sullo sfondo appariva una foto del leader scomparso. A Gaza, i muezzin delle moschee hanno iniziato a salmodiare versi del Corano e ragazzini a bruciare copertoni per le strade. In numerose località la gente ha espresso il lutto sparando in aria.
Il dopo Arafat verrà gestito da un triumvirato, composto dal primo ministro Abu Ala (Ahmed Qurei), il segretario generale dell'Olp Abu Mazen e il presidente del Consiglio Legislativo palestinese (il parlamento) Rawhi Fattuh che oggi giurerà come nuovo presidente ad interim dell'Anp. La divisione dei poteri si è progressivamente instaurata durante i giorni della malattia di Arafat, ma e' stata formalizzata ieri.
Resta da capire cosa farà la moglie Suha, probabile depositaria dei segreti di Abu Ammar, non ultimo dei quali il luogo in cui si trova il miliardo di dollari perso di vista dal FMI, che dovrebbe essere nelle casse dell'ANP, ma non c'è.
Terremo d'occhio Suha, perché, a nostro avviso, molte delle strade apparentemente senza uscita del problema Israelo-Palestinese passano per lei.


venerdì 5 novembre 2004

The Village


The Village di Shyamalan. Un film non film, destinato a far parlare. L'assoluta assenza di sceneggiatura lo rende aperto a qualsiasi commento. Questa è stata la fortuna della pellicola del regista indiano, che dopo Il Sesto Senso, acclamato da pubblico e critica come un capolavoro assoluto, ha un po' faticato a tenere il passo. A parte la bravissima Bryce Howard (la figlia di Ricky Cunningham - che pare interpreterà Grace nel secondo capitolo della trilogia di Von Trier iniziata con Dogville) il film arranca.. E' identificato come Thriller, ma Thriller non è, poiché la gestione della tensione non è gestita come dovrebbe. Ma allora, di che film si tratta? Qui è il bello: è effettivamente difficile circoscrivere la trama e lo sviluppo di essa all'interno di definizioni realmente esplicative. Quella che appare certa è una contestazione di un sistema (Americano? Occidentale?) che vede la paura come unico espediente per trovare e mantenere la serenità. Il Villaggio felice è possibile solo laddove la paura inibisca lo stimolo umano dell'allargare i propri confini. La felicità ha come prezzo l'isolamento, ma per trovarlo è necessario sacrificare tutto quanto esiste di positivo all'interno di ciò che valutiamo come negativo. Un bambino muore a causa della mancanza di medicinali facili da reperire in città, ma il consiglio degli anziani - qui allegoria di un qualsivoglia governo - sacrifica la vita del singolo innocente per la serenità comune. E' come se l'America del dopo undici settembre ricercasse la sua anima pulita, negando l'esistenza della propria metà oscura, sbarrandone la strada con dei mostri (l'Iraq?) che esistono per tutti, tranne che per il consiglio degli anziani.
Insomma, il film a noi non è piaciuto per niente. I due piani del Villaggio e della realtà circostante non vengo no di fatto mai a contatto, grazie ad espedienti talmente ovvi da sfiorare l'ironico (la cecità di Bryce, ad esempio); ma - volenti o nolenti - abbiamo discusso del film fino a notte tarda con gli amici, e abbiamo scritto tutto quanto la nostra testa ha voluto vedere. Ma è la nostra testa, non quella di Shyamalan.

giovedì 4 novembre 2004

Peach Tree Road


Era il 1968 quando il timido Reginald Dwight dismise i panni del giovane sfortunato per indossare il “costume” della Superstar del pop. Sono trentasei anni che ci sbomballa il cazzo con canzoni melense tutte uguali tra loro. Madame Tussaud gli ha dedicato una statua. Quella almeno non canta.
Quest’ultimo lavoro si presenta come deve: un disco stanco, di un personaggio pubblico che trova senso solo per i suoi eccessi da rotocalco, che non dice assolutamente nulla di nuovo. Canzonette d’amore prive di qualsiasi pretesa artistica, degne giusto come colonna sonora di fugaci rapporti in squallidi motel si susseguono senza soluzione di continuità. Il rapporto con Bernie Taupin, paragonato spesso con il binomio Battisti-Mogol, ci ha regalato perle come Rocket Man o Candle in the wind: come dire, la pubblicità di biscotti al cioccolato e una fanfara funebre per una principessa sfortunata e triste. Si sa, le affinità si attirano….


mercoledì 3 novembre 2004

The Village

Visto "The Village". Per essere un film privo di sceneggiatura, con uno spunto carino quasi completamente abortito, con un secondo tempo clamorosamente tautologico, che non mantiene le promesse del primo, non è male. Ci sono piaciuti: I costumi da tacchino rosso, il piattume del consiglio degli anziani, l'insensatezza del viaggio del bosco. Qualche scena alla Shymalayan, begli effetti sonori, qualche cosetta divertente a livello tecnico. Per il resto, un delirio di un pazzo. Mi chiedo se "Il Sesto Senso" sia stato un colpo di culo, oppure se il regista di Madras si sia rincoglionito.

mercoledì 27 ottobre 2004

Viva Radio 2 - Nuova Edizione


Viva Radio 2 Nuova versione: finalmente è partito, dopo febbri palleggiate e una settimana di revival.  Tra le nuove uscite, a parte Ciampi (Immortale),  Mike Bongiorno (nuovo) che presenta Telemike per sbaglio e maltratta un bambino che ha il papà che fa il pappone e la mamma che spaccia crack; l'Isola del Famoso (con Pippo Baudo - innominabile); Michal Doblo' che fa il crooner che fa dormire; Andò, imitazione di Cassano (UGUALE), al posto del tifoso. Parodia Onda Verde. Testi sempre deliranti.

martedì 26 ottobre 2004

Una ventata di Milano alla sala A di Via Asiago


il 3 giugno del 2005 Jannacci compirà settant'anni. Il tour che accompagnerà il cantautore a valicare la veneranda soglia porterà come nome la data del suo compleanno, e a noi la cosa è piaciuta molto. Si era pochi in via Asiago, pochi ma buoni. Enzo si mostra subito in grande forma, e, intervistato, da Gerardo Panno e Silvia Boschero, regala subito perle di un certo spessore; ci piace ricordarre la feroce ironia sul servizio pubblico blindato ("il problema non è occupare la Rai, il problema è riuscire a entrare").
Ad ogni modo lo spolvero è grande, e la Band (bravissimi, che classe!) è di quelle d'altri tempi:  Stefano Bagnoli, un mancino dal tocco leggero e personale alla batteria e Marco Ricci (scuola Franco Cerri - Milano D.O.C.) portano l'acqua, mentre Sergio Farina con l'acustica ordisce trame verticali e "Il Conte" Daniele Moretto alla tromba si occupa di quelle orizzontali. Su tutti (Papà compreso) vigila Paolo Jannacci, bravissimo e molto consapevole. Ed ecco che va dal padre e gli sistema io microfono, poi si gira per dividere il tempo, riferimento a tutti gli altri... Il risultato di questa bella alchimia è - manco a dirlo - un bellissimo concerto: I brani sono tutti della produzione deglianni sessanta, quelli della collaborazione con Giorgio Gaber, e i primi di Cochi e Renato. Il concerto ha avuto due set, con intermezzo intervistatorio, sempre a cura di Boschero e Panno. Brani divertenti e famosi (El portava el scarp del tennis) alternati a momenti di lirismo impressionante (Ti te se o no?), mai suonata in pubblico e dedicata prima alla moglie, poi a tutti i musicisti - lo ringrazio a nome della categoria. Momento di divertissement, con uno sgravo di panza uscito dalla camicia, che è rimasto ignorato per un buon quarto d'ora (Da Mammì a Ne te s'era minga ti?), stigmatizzato con la frase: "Negli anni mi si è formata una protusione frontale l'ho cercata di contenere con lo sbuffo della camicia" e poi: "Quando finise una moda, io la comincio".
Difficile mettere in graduatoria i tanti pezzi suonati: basti dire che Ti cumprà  l'calzett di seda è stato un vero delirio, e la Balilla una specie di stornello.
Insomma, si aspetta con impazienza il tour, ma nel frattempo chi può, si goda il Progetto Jannacci a Milano: una commedia, e sei giornate di Jazz con il gruppo del figlio. Le credenziali ci sono, le capacità pure. Non so se mi spiego.

venerdì 22 ottobre 2004

Gli Stinger israeliani non fanno notizia


Ieri, 21 ottobre 2004, stavo passando allegramente del tempo con un mio amico, davanti alla tv accesa. Dopo la partita della Lazio trasmessa sulla seconda rete, non sopportando un servizio del Tg2 appena partito sull'inchiesta anti-italiana di un magistrato che ha osato chiedersi cosa facessero Cupertino, Agliana, Quattrocchi e Stefio in Iraq, e chi l'avesse chiamati, ho messo il TG3, anche quello appena cominciato. Il servizio d'apertura era dedicato ad un missile israeliano lanciato da un elicottero che ha polverizzato l'automobile in cui viaggiava un dirigente di Hamas. Ero distratto, per cui non ricordo molto della notizia. In più, al momento, non mi sono preoccupato più di tanto: Il giorno seguente, in redazione, avrei saputo di più. Oggi mi rendo conto di aver fatto molto male a distrarmi: infatti non c'è traccia della notizia, in giro. E se c'è, non è facile trovarla: la rassegna stampa di oggi comprende: La Repubblica, il Corriere della Sera, La Stampa, Il Foglio, Repubblica On Line, Il Barbiere della Sera, Dagospia, i siti dell'Ansa e AdnKronos. Gli unici riferimenti li si trova - indiretti - sull'ansa, che batte un secondo attentato occorso in mattinata con riferimento a quello della notte precedente. Sulle prime ho pensato al fatto che poteva essere una notizia arrivata in ritardo rispetto alle rotative, ma poi: (A) Perché nelle edizioni On-line, che non hanno questo problema, non c'è? Inoltre (B): il servizio del Tg3 era bello che montato, con tanto di immagini. Che fine ha fatto? e poi, come si chiamava il dirigente ucciso? che ruolo ricopriva? Ci si devono aspettare attentati di rappresaglia in Medio Oriente? Da questi lidi, lo sconcerto regna sovrano.

martedì 19 ottobre 2004

Aggiornamento Massivo. Buongiorno, Mondo!


Era da un po' di tempo che non riuscivo ad aggiornare il Blog. Mi ritrovo qui, dopo una quantità devastante di articoli scritti per il giornale (la qualità ne avrà risentito? Bah...) ad aggiornare il blog. Di cose ne sono successe, ma mi limiterò a ricordare i tre film che ho visto in settimana. Hero, The Bourne Supremacy e Collateral. Per quanto riguarda il primo, ha ricevuto acclamazioni da diverse parti. Non so se avere letto le recensioni entusiastiche prima me l'abbia rovinato, ma non c'è piaciuto un granché. Lento come una sclerosi a placche, prolisso come solo un film Cinese può essere, a mio giudizio promette molto e mantiene poco. I combattimenti sono ben girati, ma Jet Li si vede più come attore (una specie di Schwarzenegger giallo) che non come atleta, dove rende di più. La Tigre e il Dragone era un film molto più bello. E Chow Yun Fat reggeva la scena molto meglio. The Bourne Supremacy l'ho visto proprio sull'onda della delusione cocente di Hero. Sarà per questo che mi è piaciuto. Secondo capitolo della storia del super-agente-arma Jason Bourne, un Matt Damon abbastanza convincente, la trama scorre fluida (anche perché non è particolarmente intricata), e l'azione è vorticosa. Goa, Berlino, New York, Londra, Napoli, Amsterdam, Mosca si alternano nel montaggio, rendendo il film velocissimo. Non ci hanno convinto gli inseguimenti, specialmente quello girato a Mosca. Poteva essere girato meglio. Ad ogni buon conto, megio aspettare l'uscita del DVD.
In ultimo, Collateral. Gli estimatori di Tom Cruise usciranno soddisfatti dal cinema, e i detrattori stupiti. Cruise-Vincent regge tutto il film, dipingendo a tinte fosche il rapporto "a doppio taglio" con il tassista Max.-Jamie Foxx. Michael Mann confeziona un nuovo piccolo gioiello, mostrandoci una L.A notturna, sfavillante e tetra allo stesso tempo. Bella prova di attori da parte di tutti.
Ve saluto e ve ringrazzio!

sabato 9 ottobre 2004

Björk - Medùlla


Il disco promette e mantiene quella “mollezza” evocata dal titolo: un lavoro dalla pasta morbida e avvolgente, dopo anni di attesa. Il lancio, in stile Björk, è perfetto: un capolavoro annunciato e celebrato, con la voce prima attrice. Questa volta, oltre alla ricerca sonora, portata avanti con collaudata sapienza, ci sono collaborazioni che fanno gridare al capolavoro. Effettivamente, per un disco che vuole esplorare a fondo le possibilità della voce, la presenza di Mike Patton e dell’Arcangelo Robert Wyatt offre un biglietto da visita tra i più blasonati cui si possa aspirare. Il primo ci dà bella mostra di sé nella “Batteria Elettronica Umana”, assieme a Dokaka e Rahzel, soprattutto nel brano Where Is The Line, terza track del disco, brano dalle tensione emotive violentemente evocative, anche grazie all’ Icelandic Choir, presente in tutto il disco. Dal primo pezzo in poi, è un continuo susseguirsi di affreschi sonori, con richiami che spaziano dalla musica circolare dei mandala buddisti, alla polifonia vocale di Pérotin. Il brano di apertura Pleasure is all mine offre una melodia “alla Björk”, nostalgica e mai banale. Via via il disco si apre, con aneliti nordici e incursioni perfino nel pop progressivo. Submarine, in coppia con Robert Wyatt, offre uno spaccato di scuola di Canterbury, gotico più che mai. Who is it, il brano che – ci scommettiamo - verrà cannibalizzato nelle decine di “Radio Edit” e “Remix” che accompagnano da sempre ogni uscita della signorina Gudmundsdottir, è il brano più pop del disco. Orecchiabile, con un refrain accattivante, è arrangiato con grande personalità. Il disco è un’opera di grande spessore, e ci dà l’impressione che la cantautrice islandese sia la punta di un iceberg, che alla base ha una macchina di produzione e lancio di arte ad alto livello. Non possiamo far altro che alzarci in piedi e salutare un ennesimo bel lavoro, che non delude le aspettative, ed è destinato (forse da prima della sua uscita) a fare scuola.

sabato 2 ottobre 2004

Finalmente una voce nuova!


Tra una destra liberticida, populista e scriteriata, una sinistra priva di nerbo, di un disegno comune e dilaniata dalle miserrime questioni interne, finalmente si leva una voce nuova. Ma non il solito Ferrara (quest'anno sta più a destra di Pinochet, si sa che a lui piace variare): Se non è Zuppa è Pan bagnato, si dice a certe latitudini. Negli uffici stampa, invece, si preferisce Se non è il Foglio, è Dagospia. Quindi è il buon Dagospia, che ci offre, su un piatto d'argento, lo scoop, il personaggio dell'anno. Grazie, Dago!
"Innanzitutto sono molto contenta di essere qui oggi, in un posto bellissimo come la Puglia: ci torno sempre molto volentieri.
Eeeh, ultimamente il mio rapporto con la politica si è ampliato tantissimo, soprattutto dopo l'11 settembre io seguo veramente i telegiornali: ogni giorno mi vedo Tigiuno, Tigiddue, Tigiquattro e Tigicinque, quindi. veramente. [ride, ovazione del pubblico] quindi devo dire che. ecco. sicuramente mi piace molto la politica. [brusio del pubblico] scusate, se potete alzare il silenzio, perché non è carino che ridete così! Grazie, eh! 
Eeh. quindi sono molto contenta.
Allora, innanzitutto il rapporto dei giovani con la politica credo che sia molto in difficoltà. Questo perché, chiaramente, leggendo il quotidiano, diversi titoli sono fatti in maniera illeggibile per un ragazzo di quattordici anni, che sicuramente passa alla pagina sportiva, piuttosto che leggere. io mi sono presa de i ritagli. 
Ecco, ad esempio, questo titolo: "Primarie: l'allarmo. l'allarme della Quercia. Fassino e Veltroni: Prodi leader, ma niente giochetti, serve un vertice". Allora, un ragazzo di quattordici anni, chiaramente, "primarie" non sa cosa. che cosa vuol dire. [ride] "l'allarme della Quercia" neanche, quindi sicuramente si va a leggere la pagina sportiva.
Quindi io credo che bisognerebbe. appunto, come diceva la. [indica la persona al suo fianco, ma non se ne ricorda il nome]. sì, Bruna [ride]. credo che veramente bisognerebbe fare un'ora a scuola di politica: insegnare ai giovani la politica a scuola. Anche un'ora: per sapere com'è nata la politica, com'è la storia della politica. E quindi credo che questo sia una cosa. 'nsomma, che servirebbe sicuramente ai giovani. 
Eppoi, uhm. ecco, io metterei anche la mia faccia per degli ideali. che sono, appunto, la guerra. Io sono assolutamente contro la guerra. Credo che quello che sta succedendo in Irak sia una cosa veramente triste. E credo che l'Italia è un popolo cattolico, un popolo che crede nella Chiesa, e allora se crediamo nella Chiesa, la Bibbia dice che. ehm. praticamente. [non si ricorda la citazione] "porgi l'altra guancia": quindi, assolutamente, io non credo nella vendetta e nell'odio. Quindi, la prima cosa che bisognerebbe esserci in Italia è nel levare subito le truppe dall'Irak. E un'altra. [applausi] Grazie! 
Speriamo che le prossime elezioni non vinca Bush, perché sennò staremo altri quattro anni nel terrore [ride, applausi].
E poi, un'altra informazione che volevo dare, visto che qua sono ggiovani sicuramente della mia età. eeh. contro la droga. Assolutamente credo che la droga sia una cosa veramente. stupida. So che i ragazzi sono influenzati da persone più grandi, che sicuramente il sabato sera in discoteca prendono extasy o si drogano. Questo credo sia totalmente sbagliato, perché la vita è una e bisogna gestirla al meglio. E quindi, veramente, un no contro la droga [applausi].
Eppoi. io sono... amo molto gli animali [brusio, si interrompe]. Scusate: è veramente di cattivo gusto, questo fruscio. Ehm. So che in Italia ci sono molti combattimenti di animali. di cani.. e questa è una cosa che veramente per me non ci dovrebbe essere più. Quindi: una legge più severa nei confronti degli animali. Perché veramente gli animali sono i migliori amici dell'uomo. Io tengo molto ai cani, soprattutto, faccio volontariato nei canili. E credo sia molto importante salvaguardare, appunto. gli animali. 
Questo volevo dire, grazie! [applausi]

giovedì 30 settembre 2004

Bei dischi, ultimamente...


Dopo la tristezza buia dell'estate, in cui il materiale da recensire che ho avuto per le mani è stato "Blu" di Paola e Chiara e Kevin Little, ho un periodo di relativa grazia: Ben Harper, Bjork, Nick Cave, Mark Knopfler, Lanzi-Sodano e i Faust. Roba per palati fini, finalmente. Per quanto riguarda i concerti, vedrò quanto prima di farvi sapere qualcosa: Tengo d'occhio Patti Smith, che a Fiuggi ha evitato la sommossa contro Lou Reed. Attenzione al Palalottomatica, quest'anno. Pare che stiano col coltello tra i denti. Ad Maiora.

Bentornate (andatevene presto!)


E' il mio augurio alle due Simona...Mi spiego meglio: Non faccio parte del pubblico da reality show che ha seguito appassionatamente la vicenda del rapimento, se non per delle ipotesi di fantapolitica avanzate tra amici, queste ultime intrise di polemica, ma prive di intenti. La condotta che ho seguìto è stata all'insegna della meditazione: mi sono isolato dalla massa mediatica, non ho assecondato la fiumana di commenti e parole al vento, ma ho aspettato qualche segnale che avesse peso. E il segnale c'è stato: sono tornate, e se ne vogliono già tornare in Iraq. Questo vale più di tutta la dietrologia che si è fatta, cui sono ben fiero di non aver partecipato. Il mondo è pieno di problemi, ma l'occidente non trabocca di persone di buona volontà. Quelle poche, è bene che facciano quello che sentono. Tutte le altre, è bene che parlino di meno.

Un Grido di Dolore


...Mi sono incartato sulla politica estera sovietica degli anni cinquanta. Che sofferenza...

domenica 19 settembre 2004

...Forse Dio è dei Popolari....


La Notte Bianca di ieri si riflette negli occhi raggianti di Veltroni. E' stato un successo, partecipato, ben riuscito e apprezzato. Le mille iniziative per tutti i palati hanno riversato migliaia di persone nelle vie cittadine, creando un clima di festa  difficilmente riscontrabile in quest'ultimo periodo. Nemmeno la paura di attentati ha allontanato la gente dalla partecipazione massiva, e questa è una vittoria della civiltà sul buio pesto dilagante. Bravo Veltroni, 'sto giro bravo davvero!

sabato 18 settembre 2004

Il giorno della Notte Bianca


...Si diceva, ieri tra amici, che probabilmente Dio è dell'UDC; al momento in cui scrivo, nubi minacciosissime, tra il giallo e il viola, incombono sulle teste dei romani. Il cartellone è ricco da far paura, sotto tutti gli aspetti. Tra Proietti che improvvisa a ruota libera, il Cirque du Soleil, Le colonne sonore di Classica al Gianicolo, il Jazz al Pincio, Terry Reilly con 70 performers alla galleria Colonna, Readings dell'Eneide a Massenzio,  tutto gratuito, non sai veramente dove andare. Spero quantomeno nella corrente elettrica, quest'anno....

martedì 14 settembre 2004

Jim Hall non ha mai suonato con Beethoven


Il pubblico dell'auditorium è quello degli aficionados. Ci si incontra nell'atrio, prima dell'inizio del concerto, e ci si scambia un paio di convenevoli. "Quanto tempo", "che stai combinando?", "suoni ancora?", e via così, fino all'inizio. E' curioso come in certe situazioni, in cui l'essere umano è "intruppatocomeuntedescodellaIVarmatanel1942inRussia", si divaghi con la mente verso lidi differenti, che poco hanno a che vedere con l'evento cui si sta per assistere; la portata è mondiale: una delle uniche due date italiane (l'altra è al Blue Note a Milano) di Jim Hall, in duo con Enrico Pierannunzi. Il brusio non si placa - c'è la romabenedisinistra sulle poltrone, e quelli - si sa - parlano. Poi un presentatore ("all'Auditorium?" - è il commento di alcuni nasi arricciati) ci invita ahimé alla conferenza stampa per la prossima stagione, poi lascia il palco ai due. Quando entrano, la sensazione è raggelante. Jim Hall, freddo come una granita, parte con un blues in 12 bars che dura qualcosa come dieci minuti. La situazione è orrenda. Penso adderittura di andarmene (dopo i primi cinque minuti - io ODIO i blues in 12 bars), ma poi rifletto: -"Hagi, 'sti due sono due fenomeni. Non possono ridursi a questo. Lancia il cuore oltre l'ostacolo, resisti al blues, non alzartichefiguracifai?". Reggo stoicamente. Il blues finisce tra applausi di liberazione. Ora o si comincia a far sul serio, oppure me ne vado davvero, con buona pace del rispetto per il mito vivente. Nemmeno il tempo di pensare la ferocia di un mio commento che note flebili, praticamente il solo volume della semiacustica non amplificata, annunciano My Funny Valentine. Il silenzio è di tomba. La chitarra è sommessa, il tema è intriso di una nostalgia che chiude lo stomaco. E quel signore anziano, con la chitarra a tracolla, con la faccia di Sean Connery, diventa un testimone, e la sua chitarra il suo verbo. L'atmosfera è decisamente cambiata. Dall'irritazione del primo pezzo sono passato ad una commozione sincera, partecipata. Gli applausi, scroscianti, mi svegliano dal sogno. Mi trovo Pierannunzi davanti al microfono, che presenta Jim Hall - secondo chitarrista del secolo secondo il sondaggio di una rivista americana specializzata nel settore, dopo Bill Frisell (il Pat Metheny senza mignolo prima di questo qui? Ah, Pat Metheney ha 60 punti, contro i 130 di Hall e i 160 di Frisell). Mentre bestemmio orrendamente tra me e me pensando a Django Reinhardt e Joe Pass nemmeno menzionati, Skylurk e Sentimental Mood scivolano via, distrutte e ricostruite, maltrattate e vezzeggiate. improvvisano, i due, e non c'è tempo di cristallizzare questa o quella frase: ce ne sarà un'altra subito dopo che spazzerà via la precedente. In Sentimental Mood, non trovando un finale al primo tentativo, ne sono usciti TRE. Un errore, uno sbaglio, se succede a te ad una session, ti puoi trovare col capo chino, sotto lo sguardo inquisitorio di un pubblico che sembra non aver aspettato altro tutta la sera. Qui la storia è diversa, perché da uno sbaglio suonato da questi due, nasce musica con la M maiuscola. Dopo un Waltz di Pierannunzi suonato bene, con la parte davanti (" The Point of the Issue" composto - a detta del pianista la mattina stessa), il primo bis regala Stella- irriconoscibile per 5 minuti, ma densa e saporita come una Jam, e All the Things you are, anch'essa dipanata dai due come un micino avrebbe fatto con un gomitolo di lana: Efficace e bellissimo da vedere. Il Terzo bis (Ho ancora le mani rosse) è stato Body and Soul. Quando le luci si sono accese, gli occhi si sono socchiusi, e la sigaretta del dopoconcerto è stata dolcissima. Le persone incontrate all'entrata scioglievano il tabu, parlando ora solo del concerto e della sua bellezza. Qualche critica volata sulla diversità dei due dialetti musicali è stata trasformata in un complimento, poi, davanti ad un bicchiere di vino, le discussioni hanno cominciato a vertere su altro. Segno che il concerto ha funzionato.

domenica 12 settembre 2004

Ben Harper and the Blind Boys of Alabama: There will be a Light


E’ di questo settembre l’uscita dell’ultimo lavoro di Ben Harper. Questa volta ci regala un disco di undici brani registrato con il pirotecnico coro Gospel dei Blind Boys of Alabama, per gentile concessione della Real World di Peter Gabriel. Si tratta di un lavoro intriso di quell’energia tutta afroamericana che si vede nelle funzioni religiose esplosive dei film di Woopy Goldberg; un rapporto con la musica e la divinità che si fonde in una forma di spiritualità intensissima e coinvolgente. I titoli (cito fra gli altri Take my Hand, Church House Steps, Picture of Jesus, Mother Pray) lasciano pochi dubbi sul tenore dei contenuti; consigliamo l’ascolto di questo lavoro sotto le feste natalizie. Segnaliamo la presenza di un brano per chitarra sola – più  vicino ad un raga indiano che non ad uno spiritual: ci riavvicina a Ben Harper, allontanandoci un pochino da Dio. Il solo si chiama 11th Commandment; il ché offre una risposta universale al perché di questa scelta.

lunedì 30 agosto 2004

...Buongiorno, mondo.


Passare dall'europeo alle olimpiadi è un po' come vedere un amico con la moglie col pancione; ti rendi conto istantaneamente di quanto tempo sia passato dall'ultima volta in cui vi siete incontrati, e ci rimani male.
Detto ciò, da queste parti è tutto a posto, tutto va bene, e un anno va ad incominciare. Spero che sia migliore del precedente, che tutto sommato è stato piuttosto pesante, anche se va ad alleggerirsi - almeno così sembra - nell'ultima fase. Sistemate alcune questioni (laurea, abilitazione da pubblicista) si potrà cominciare a pensare in chiave migliore. Nel frattempo saluto la rete pubblicamente, augurandomi di ricominciare a postare con maggiore continuità. Ad maiora. H.

sabato 19 giugno 2004

Buongiorno Italia, buongiorno Maria.


...Le canne.... Dio, le canne che ho dovuto stopparmi per digerire Trapattoni.... Che amarezza, vedere una squadra fortissima castrata da chi dovrebbe renderla più forte.

lunedì 14 giugno 2004

Totò, Peppino e le elezioni europee


Le elezioni di quest'oggi (gli spogli non sono terminati, ma i risultati possono ritenersi definitivi) regalano una serie di riflessioni su cui vale la pena di soffermarsi. Da un lato il crollo di Forza Italia ci racconta della volontà dell'elettorato non di cambiare aria, ma di mettere in discussione la leadership incontrastata del cavaliere. Con FI ridotta al 21%, Follini (!) e la Lega che sono cresciuti notevolmente e AN che risulta essere stabile al 11% circa, tra le poche forze principali a non aver avuto un calo, l'agenda del presidente del consiglio dovrà essere certo modificata. Le riforme in senso federalistico dovranno essere cconiugate con quelle che il centro richiederà, per onorare la sua base di consenso. Insomma, Fini, Follini e Maroni tengono Berlusconi per le palle. Certo, appare chiaro che la legislatura finirà senza andare ad elezioni anticipate, poiché gli scombussolamenti elettorali previsti si sono verificati all'interno degli assetti dei due schieramenti, non con travasi di voti da una parte all'altra. Per la sinistra il discorso cambia. A mio parere, non si può parlare di débacle. Certo, la scelta della frammentazione elettorale per una politica unitaria portata avanti per queste europee è un po' da tarare, ma sembra essere una scelta sensata. L'Ulivo ottiene un 31% che non può essere considerato soddisfacente, ma la pluralità delle voci a sinistra, considerata oramai come una linea politica definita, contiene il 2,3% di Di Pietro e Occhetto, il 2,3 dei Comunisti Italiani, l'apporto dei Verdi, Marini e Mastella, nonché quel 6% di Rifondazione, che - oggettivamente - tiene anch'essa Fassino, Rutelli e Boselli per le palle. Ora, al di là di analogie da caserma, si vede che la situazione è diversissima, ma la tendenza è sempre quella. I due schieramenti sono solidi per elettorato; non credo che chi ha votato Pancho Pardi abbia sostanziali riserve nei confronti di un Diliberto, così come chi ha dato il voto a Berlusconi possa nutrire dubbi sull'affidabilità di Fini. Il problema sarà la coesistenza tra UDC, AN e una lega al 4,5%; sarà l'effettiva coesione dell'ala ulivista ex-DC con Rifondazione, che ha un tale Nunzio d'Erme nelle sue fila, difficilmente digeribile da un Mastelliano. Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Quello che è risultato da questo turno elettorale (aspettando le amministrative) è che si rinsaldano solo le pregresse difficoltà di fusione. Esce una nuova vittoria del proporzionale all'Italiana, che riesce a mettere sotto la stessa solida maggiornaza di governo un partito Secessionista ed uno nazionalista mentre, dall'altra parte, comunisti e democristiani costituiscono il nerbo dell'opposizione. Altro che svolta di Salerno, o il compromesso storico di Berlinguer.Queste sono cose dell'altro mondo. Totò e Peppino, intanto, guardano dall'alto e sorridono benevolmente. L'Italia, penseranno,non cambierà mai.

martedì 23 marzo 2004

Equinozio


Oggi è stata una giornata come tante altre, in questo concitato inizio di nuovo millennio. Ieri è stato sospeso il Derby per degli scontri che non hanno niente a che vedere con un popolo civile, che sono costati danni a strutture usate solo da chi le ha distrutte - a testimonianza del fatto che gli ultras di qualsiasi squadra non brillano per intelligenza e lungimiranza. E poi feriti, paura e brutture, operate davanti a famiglie e bambini. Temo che le scene di guerriglia urbana cui abbiamo assistito siano state anche apprezzate da alcune teste di cazzo; ché poi è la cosa più triste.
Poi gli Israeliani hanno ammazzato Yassin. Da un primo giro di commenti risulta che la scelta sia stata miope, ma non insensata.Senonché, almeno in occidente, Yassin risultava essere il più importante esponente dell'ala moderata di Hamas. Il ché mi porta a pensare che gli israeliani vogliano estremizzare il conflitto politico, sperando che, decapitando Hamas (che ha il novanta percento dei consensi dei territori), si riesca a presentare la questione palestinese nel contesto internazionale solo come un problema relativo alla lotta al terrorismo.

sabato 6 marzo 2004

Passa l'esame della conferenza Stato-Regioni sul disegno di legge Fini sulle droghe


Un'altra goccia cinese in questo stillicidio. L'ingiusta legge Fini sulle droghe (di cui si è già parlato in questo Blog) ha fatto un altro piccolo passo verso la sua definitiva attuazione. Ormai è pronta per affrontare l'iter parlamentare, ma - se l'opposizione annuncia battaglia - è anche vero che qui c'è bisogno di BARRICATE, non di battaglia. C'è la volontà popolare espressa da un referendum abrogativo in ballo. Ma è possibile che questi possano calpestare tutto quello che vogliono senza incontrare resistenza?
Perché chinare il capo alla prepotenza? Disobbedienza civile non violenta da parte dei tossicodipendenti. Boicottaggio di un governo che promette e non mantiene, da parte di tutti gli altri, che stanno per essere infinocchiati con misure che non abbasseranno certo le tasse, ma serviranno a dare linfa (virtuale) ad un esecutivo che sta peggio di Sanremo. SVEGLIAAAAAAAAA

Sanremo è Sanremo


...Sogno o son desto?
C'è Mino Reitano che spacca tutto sul palco dell'Ariston.
Poi Silvio Muccino che lancia Nathalie Cole. Non c'è pace sotto gli Ulivi

lunedì 23 febbraio 2004

Brad Mehldau


Ieri concerto di Brad Mehldau all'Auditorium.
Il Trio era composto, oltre allo stesso Mehldau, dai bravi Larry Grenadier al Contrabbasso e da Jorge Rossy alla batteria. E' il primo concerto del pianista che vedo, lui l'ho conosciuto, grazie a Luca Bernardini, quest'estate. Il disco era Largo, ed è stato amore a seconda vista. Già, perché ho avuto un qualche problema iniziale ad interpretare lo swing di questo musicista, ma la pastosità del suo suono mi ha catturato poco a poco, senza fretta.
L'ascolto del disco è stato completamente riletto, alla luce del concerto. Mi spiego meglio: dal vivo si ha l'impressione, che su una registrazione non si può percepire, che Mehldau crei le tessiture armonico-ritmiche in tempo reale; il risultato è la sensazione è che egli stia in improvvisazione costante, azzardi sempre qualcosa di estemporaneo, e cada sempre in piedi. Di qui potrei parlare di un'infinità di cose; di come il batterista e il bassista mi abbiano fatto impazzire per il gusto e la semplicità di alcune soluzioni elegantissime; dell'atteggiamento introverso di Mehldau, che tanto richiama quell'esistenzialismo con cui tanti critici l'hanno ammantato; dell'accordo maggiore, assolutamente Bachiano con cui ha avuto fine l'ultimo bis, quindi l'ultima cosa detta dal jazzista ad un pubblico attento e soddisfatto. Potrei, ma in realtà  è semplicemente volato un bellissimo concerto.  E quando - in una Roma mai piovosa come questi giorni -   siamo usciti,  il cielo vicinissimo, gli ombrelli aperti e quell'impremeabile che correva in lontananza con un giornale sulla testa hanno avuto un sapore diverso. Un'intera giornata uggiosa ha avuto improvvisamente senso.

mercoledì 18 febbraio 2004

Gianna Nannini all'Auditorium


Ieri Gianna Nannini s'è esibita all'Auditorium-Parco della musica. Bel pienone, palco con due pianoforti, una batteria e quartetto d'archi. E' stato presentato l'ultimo disco, Perle. Tutti i brani più qualche straclassico, come Bello e Impossibile (non particolarmente esaltante il nuovo arrangiamento)o L' America (bello). I fans erano scatenati, come si conviene a chi ha costruito una carriera all'insegna del rock più duro e puro; questo ha fatto si che, se dai lati arrangiativo e performativo la sala Sinopoli è stata all'altezza del suo compito - l'acustica è invidiabile, la platea sembrava poco adatta a contenere la voglia di ballare e di muoversi dei più.
Christian Lohr ha suonato piano, batteria e pilotato le basi e campionatori. I Solis String Quartet hanno riproposto gli arrangiamenti del disco. Bello, insomma, anche se la Nannini senza chitarra e batteria sembra un po' Battiato che interpreta Baglioni.

Lost in Translation


Carino il nuovo film di Sofia Coppola. Ben fotografato,  la Tokio da cartolina fa venire voglia di andarci,  si snoda attraverso un plot che ha molto del già visto, ma che comunque regge, anche grazie alla bravura degli attori. Murray è a tratti gigantesco, e Scarlet Johanson è bella e bravissima. Il finale semi-inintellegibile è un'idea carina e garbata, e risolve molti dei nodi che crea lo scorrere del film. E' una scelta difficile, e per questo apprezzabile. Annatece.

mercoledì 11 febbraio 2004

Concerto Riley e Scodanibbio


Ed eccomi qui. Nuova interfaccia del blog, tanto tempo di inattività.D'altra parte studi, lavori, vicissitudini varie (tra cui l'esplosione dell'alimentatore del mio povero PC) hanno fatto sì che diradassi la mia presenza sul web. Nel caso del Blog, poi, che la cancellassi proprio, per quasi un mese.
Senza andare a ravanare tra le mille porcaggini che ho visto nell'arco di questi giorni - ma mi piace citare lo sciopero contemporaneo di Magistrati, Medici e Aereotrasportatori, più le agitazioni permanenti di ormai tutta l'intellighenzia del nostro paese, parlamentari a parte - mi prendo il gusto di raccontarvi uno dei più bei concerti cui abbia assistito negli ultimi anni.
Terry Riley si presenta come una via di mezzo tra Babbo Natale e Dinamite Bla. Ha una candida barba folta e lunga, che gli dona una sorta di serena austerità, e uno sguardo che ho visto in certi musicisti indiani, così benevoli e indifferenti a tutto ciò che orbita loro intorno. Saluta all'indiana, unendo le mani, e portandole alla fronte, e subito ho l'impressione che il Van-Prashta che ha avuto nei tardi sessanta, lasciando battere la via del minimalismo da lui scoperta ad artisti come Reich o Glass, gli sia rimasta dentro. Lo studio con Pandit Pran Nath ha esaltato la ciclicità della sua musica, e la facilità con cui passa dal dialetto musicale Euro-americano a quello del subcontinente indiano è uno strano incrocio tra ironia, erudizione e consapevolezza. Con una semplice Korg Triton, che mi ha fatto sulle prime storcere il naso, crea tessiture che vanno al di là del semplice discorso musicale. L'accordatura, maniacale, non a 440 Hz, da una chiara impressione di profondità di suono differente. E' come se il musicista avesse capito che la differenza di pochi Hertz è la chiave della giusta vibrazione dell'anima.
Stefano Scodanibbio invece ha l'aria del concertista navigato. Serio, occidentale in presenza, offre un contraltare alla ieraticità quasi Hippy del suo collega di palco. E' serio, posato, ma allo stesso tempo fermo e attento. Poi, prende il contrabbasso in mano.
Faccio il musicista da 14 anni, e non ho mai sentito niente di simile. L'archetto diventa uno strumento a parte, per cogliere quell'armonico, quello che sta pochi hertz sopra o sotto il 440 canonico. Microfona lo strumento con un cardioide con un preservativo di gommapiuma, che incastra sotto il ponte, tra le corde e la cassa. Questo sistema fa in modo che la vibrazione simpatica tra la tastiera di Riley e il contrabbasso faccia vibrare la cassa ad una certa frequenza. A questo punto, una volta innnestato l'armonico "magico", comincia ad ordire trame ritmiche, alternando l'uso dell'archetto a mo' di bacchetta di batteria, sfruttando il rimbalzo come Gene Krupa insegna ad una tecnica particolare di tapping, che non ho mai visto applicata al contrabbasso. Un po' alla chitarra, roba tipo Stanley Jordan, ma scrivendo questo paragone non so se mi si accappona la pelle oppure mi viene da ridere.
In apertura del secondo set, dopo avere tra le altre cose puntinato le corde dello strumento come un pianoforte preparato, si è espresso in un solo talmente funambolico che, a partire dalla metà, la mia mente ha viaggiato per lidi bellissimi, fino alla fine in cui lo scroscio di applausi richiamava più una platea da stadio che da aula magna d'università.
Dal canto suo, Riley ha sfruttato il tempo di solitudine sul palco in maniera più introspettiva; un piano solo, con un bel suono di coda denso e scintillante, frutto di una trascrizione della sua opera Salome dances for Peace, quartetto d'archi del 1989, formato da qualcosa come ventuno movimenti (se la memoria non mi inganna). Il concerto è stato chiuso da un Raga notturno, che a mio parere è stata la parte un po' più debole della serata. Anche se stupisce come un californiano abbia un timbro d'altre latitudini.
Un'ultima nota, questa di colore. A cavallo tra il Madya e il Drut Lay (velocità media-Velocità alta) del raga sono zompate tutte le spotlights del palco. Nell'oscurità più completa, si è creata un'intimità tale tra il pubblico e gli artisti che, al riaccendersi delle luci, è stato palpabile il dispiacere per un'oscurità tanto serena quanto breve. Potenza della musica.

mercoledì 14 gennaio 2004

...E dopo la Gasparri...

Non mi piacciono i trionfalismi in genere, soprattutto quelli serviti su un piatto d'argento. Quello che provo per la bocciatura della Gasparri e per la dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte, è contraddittorio. Da un lato la presa di coscienza che Berlusconi non è riuscito a rompere il muro di gomma della politica italiana, grigio per colore ed essenza; il modus operandi del Cavaliere non piace a diverse sfere, e per quanto potentissimo di persona, e per quanto capo di una maggioranza ampia del Paese, non è in grado (più di tanto) di trattare la cosa pubblica come una delle sue proprietà e i servitori dello Stato come suoi dipendenti. Dall'altro lato l'oscura presenza di un potere senza bandiere e colore, al cui vaglio deve passare qualsiasi azione politica, da chiunque venga fatta. Ora, finché fa comodo viene da dire "Ben venga", ma la storia è costellata di inquietanti precedenti che invocano attenzione e vigilanza politica e mentale. Se poi Queste righe sembreranno a chi le legge un terrore apocalittico-visionario millenarista alla Robert D'Uzès, poco male. La chiave della saggezza, a qualsiasi latitudine, è nella visione. Quindi, da oggi consideratemi un monaco Stilita, o uno sciamano lakota, o un Sufi. Tanto non cambia niente.

martedì 13 gennaio 2004

Concerto


Ieri, 12 gennaio 2004, presso l'associazione "il Cantiere" in Trastevere, concerto di Alvin Curran e Mike Cooper. I due, americani ma da diversi decenni residenti a Roma, hanno dato vita ad una sessione improvvisativa di elettronica, coadiuvati da un flautista, con Mac portatile ed Edirol USB. Molte le macchine sul palco, e il suono, nonostante un impianto di fascia bassa - che nel finale ha scaldato di brutto - è uscito per tre quarti del concerto piuttosto nitido (c'è da dire che è una mia opinione; un noto musicista romano ieri insieme a me, per esempio, sostiene in merito che l'impasto sonoro sia stato troppo denso). La performance è stata la seconda in due giorni (alla prima non ho assistito), e purtroppo in quest'ultima la Dobro di Cooper è stata sfruttata molto poco, a vantaggio della Slide "Hawaiana", altro pallino del musicista Statunitense. Si può dire, insomma, che il viaggio lisergico della banconota da 5€, tra Tecnomedonti , Lipoidi e Garzoni del fornaio, ci abbia fatto intendere la differenza tra Prezzo e Valore. Grazie, ragazzi!

mercoledì 7 gennaio 2004

Approvato il nuovo disegno di legge di Fini sulle droghe


Equiparate droghe leggere e pesanti, quantitativi precisi, pene più severe, misure alternative. Il 13-11-03 il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimità il nuovo disegno di legge sulle droghe presentato dal vicepresidente del Consiglio Fini. Fini ritiene che la sua proposta si collochi al di fuori della contrapposizione tra proibizionisti (che ridurrebbero la droga a un problema penale) e antiproibizionisti (che favorirebbero la diffusione più ampia della droga), basandosi su tre capisaldi: prevenzione, repressione, recupero. Il DDL prevede numerose novità: DROGHE: vengono accorpate in un’unica tabella, senza distinzione tra leggere e pesanti. POSSESSO: viene comunque punito, anche se si detengono droghe per uso personale (al Prefetto è tolta la facoltà di limitarsi all’ammonizione formale a non fare più uso di stupefacenti) QUANTITA’: sarà la quantità di cui si è in possesso a determinare l’applicazione di sanzioni amministrative o penali. Per dosi inferiori ai 500 mg di cocaina, 200 mg di eroina, 0,05 mg di lsd, 300 mg di mdma, 200 mg di metadone, 200 mg di morfina/oppio, 150 mg di cannabis e derivati, 50 mg di anfetamina viene contestato il consumo illecito e scattano sanzioni amministrative, per dosi superiori viene contestato il reato di spaccio e vengono applicate sanzioni penali. SANZIONI AMMINISTRATIVE: vengono inasprite, in quanto si allungano da quattro mesi ad un anno il periodo massimo per cui possono venire ritirate patente di guida, passaporto, porto d’armi, permesso di soggiorno turistico (per gli extracomunitari) e da un mese a un anno il periodo massimo di fermo amministrativo del ciclomotore. Ai recidivi e ai pregiudicati possono essere applicate, per un massimo di due anni, misure di sicurezza più pesanti: obbligo di firma bisettimanale presso carabinieri o polizia, obbligo di rientro e permanenza nella propria abitazione in orari prefissati, divieto di frequentare determinati locali o persone, divieto di allontanarsi dal comune di residenza, divieto di condurre veicoli a motore. L’applicazione delle misure amministrative può essere revocata se risulta che il soggetto si è sottoposto, con esito positivo, ad un idoneo programma terapeutico. SANZIONI PENALI: vanno da sei a venti anni. Scatta l’arresto da 3 a 18 mesi anche per l’inosservanza delle sanzioni e misure disposte dal prefetto. MISURE ALTERNATIVE: si allunga, da 4 a 6 anni, il limite di pena per cui la pena stessa può essere sospesa in presenza di un programma terapeutico. COMUNITA’: verranno istituiti albi regionali, a cui potranno iscriversi le comunità che abbiano determinati requisiti. Queste otterranno un abilitazione a stipulare convenzioni con le regioni e il ministero di grazia e giustizia, potranno certificare la dipendenza da droga e predisporre il piano terapeutico. Il disegno di legge di Fini ha raccolto adesioni (don Gelmini, don Benzi, S. Patrignano) e suscitato polemiche (Federserd, D. S., Margherita, Verdi, Rifondazione, Radicali). In particolare viene contestata l’equiparazione tra le droghe e tra consumo e spaccio, la maggior tolleranza espressa con le dosi massime nei confronti dei cocainomani rispetto ai consumatori di cannabinoidi Il centrosinistra ha presentato alla Camera una proposta di legge alternativa, che prevede la depenalizzazione per il consumo, la misure alternative alla detenzione, la riduzione del danno.