Caro Etere,
Triste è la condizione di chi deve contare i propri passi, valutare attentamente le distanze, ragionare con parsimonia i secondi passati in condizione eretta.
Ho un incrocchiamento feroce, dovuto -a detta della mia amica fisioterapista- ad un'oscillazione della prima vertebra sacrale, la quale sta basculando allegramente nella mia zona lombare, regalandomi dolori lancinanti ogniqualvolta io mi sposti dalla posizione sdraiata. Se in questo quadro, caro etere, inserisci anche il fatto che sono costretto a casa di mia madre in quanto la mia pare Bengasi (essendoci dei lavori di ristrutturazione in corso), hai il quadro devastante del senso di impotenza che mi sta devastando. Ed è solo l'inizio della settimana!
Benvenuti nella versione 2.0 del mio blog SezioneAurea. Pensieri e parole in libertà (vigilata)
martedì 22 marzo 2011
martedì 8 marzo 2011
Banche e disoccupazione
...Dice che lo "stress test" finisce a luglio. Ma dice pure che è iniziato ora. Forse non parliamo della stessa cosa!
lunedì 7 marzo 2011
domenica 6 marzo 2011
New Deal
Caro Etere,
Sono le 8:40 del mattino del 7 marzo 2011, ed è la prima giornata da 'uomo libero' degli ultimi due anni; si è conclusa l'esperienza lavorativa che ha marcato le mie mattine, e ora posso - finalmente- dedicare le mie giornate all'attività di ricerca e scrittura. Per un paio d'anni sarò a posto, poi passerò dallo stare a posto alle mani di Allah.
Nelle stesse mani in cui si trova l'economia italiana, via Gheddafi.
Sono le 8:40 del mattino del 7 marzo 2011, ed è la prima giornata da 'uomo libero' degli ultimi due anni; si è conclusa l'esperienza lavorativa che ha marcato le mie mattine, e ora posso - finalmente- dedicare le mie giornate all'attività di ricerca e scrittura. Per un paio d'anni sarò a posto, poi passerò dallo stare a posto alle mani di Allah.
Nelle stesse mani in cui si trova l'economia italiana, via Gheddafi.
martedì 1 marzo 2011
Gheddafi Vs Yara - la prostrazione dell'informazione italiana
Ieri Vespa ci ha deliziato con un puntatone sulla disgraziata storia di Yara. Di fronte al dolore composto della famiglia, si torna alla TV dei plastici e del dolore. In barba a storie poco lontane da noi, le quali necessiterebbero di una seria focalizzazione dell'opinione pubblica.
La scorsa settimana si discuteva nel bel programma TvTalk sulla scarsa attitudine del servizio generalista italiano alla politica estera. Santoro, interpellato al telefono, ha puntato il dito sulla priorità che l'Auditel ha sull'utilità e completezza del pubblico servizio. Galli della Loggia, autore di un articolo uscito domenica sul Corriere della Sera, veniva interpellato in merito alla fine delle Elites nella composizione dei palinsesti; di qui la situazione anomala e tutta italiana di una TV pubblica che insegue le più basse e ventrali pulsioni dell'animo umano, in ottemperanza alla mission che vuole più ascolti=più successo. Come Belpietro, che non perde occasione di ricordarci che il mestiere di un direttore di Giornale è vendere copie (e non la deontologia professionale, garanzia di qualità di informazione).
Il fatto che la Libia (sopratutto) ci ricorda, però è un altro: in Libia, la ricchezza media della popolazione è superiore a quella Tunisina o Egiziana: quello che manca(va?) è una rappresentazione del paese reale, la dinamicità di un paese giovane, costretto e ingessato da una dittatura senile, anacronistica e feroce nella sua ostentazione.
Non si può limitare l'analisi di quanto sta accadendo all'antinomia tra democrazia e dittatura, o al discorso (sempre attuale in Italia) che il popolo si ribella quando ha la pancia vuota. Non è necessariamente vero, e i fatti del Maghreb lo hanno in parte dimostrato: il vento rivoluzionario (alimentato dalla giovane età media delle popolazioni coinvolte e dalla natura antistorica dei regimi rovesciati) sta accomunando realtà come quella Egiziana e Yemenita, Libica e Tunisina; stati e regimi diversissimi tra loro.
Concludendo: è davvero economicamente vantaggioso sacrificare l'intelligenza collettiva di un paese sull'altare del consumismo e degli interessi contingenti? E' vero - come dice Tremonti - che la cultura non si mangia?
Mentre ci interroghiamo su che fine faranno le azioni Fiat di Gheddafi, mentre è in essere un trattato di amicizia tra Italia e Libia, ci stiamo facendo rincoglionire da un'informazione inutile e martellante, che ci distrae dai nostri doveri civili e ci proietta in un agone in cui siamo tutti tenuti a dire la nostra, come se fossimo criminologi. Invece che rispettare il contegnosissimo dolore di una famiglia sfortunatissima, ci interroghiamo sui motivi che hanno portato un maniaco (o maniaca) a compiere un atto così bestiale. Ci stiamo facendo agitare come una folla forcaiola, mentre non ci stiamo formando una coscienza sul nostro futuro. Passiamo la nostra vita catodica a desiderare giustizia per una bambina morta, e non proviamo nemmeno ad immaginare i nostri diritti, doveri e le nostre opportunità di fronte allo scompaginarsi delle politiche nordafricane. Che ci riguardano molto più della piccola Yara.
Che riposi in pace.
La scorsa settimana si discuteva nel bel programma TvTalk sulla scarsa attitudine del servizio generalista italiano alla politica estera. Santoro, interpellato al telefono, ha puntato il dito sulla priorità che l'Auditel ha sull'utilità e completezza del pubblico servizio. Galli della Loggia, autore di un articolo uscito domenica sul Corriere della Sera, veniva interpellato in merito alla fine delle Elites nella composizione dei palinsesti; di qui la situazione anomala e tutta italiana di una TV pubblica che insegue le più basse e ventrali pulsioni dell'animo umano, in ottemperanza alla mission che vuole più ascolti=più successo. Come Belpietro, che non perde occasione di ricordarci che il mestiere di un direttore di Giornale è vendere copie (e non la deontologia professionale, garanzia di qualità di informazione).
Il fatto che la Libia (sopratutto) ci ricorda, però è un altro: in Libia, la ricchezza media della popolazione è superiore a quella Tunisina o Egiziana: quello che manca(va?) è una rappresentazione del paese reale, la dinamicità di un paese giovane, costretto e ingessato da una dittatura senile, anacronistica e feroce nella sua ostentazione.
Non si può limitare l'analisi di quanto sta accadendo all'antinomia tra democrazia e dittatura, o al discorso (sempre attuale in Italia) che il popolo si ribella quando ha la pancia vuota. Non è necessariamente vero, e i fatti del Maghreb lo hanno in parte dimostrato: il vento rivoluzionario (alimentato dalla giovane età media delle popolazioni coinvolte e dalla natura antistorica dei regimi rovesciati) sta accomunando realtà come quella Egiziana e Yemenita, Libica e Tunisina; stati e regimi diversissimi tra loro.
Concludendo: è davvero economicamente vantaggioso sacrificare l'intelligenza collettiva di un paese sull'altare del consumismo e degli interessi contingenti? E' vero - come dice Tremonti - che la cultura non si mangia?
Mentre ci interroghiamo su che fine faranno le azioni Fiat di Gheddafi, mentre è in essere un trattato di amicizia tra Italia e Libia, ci stiamo facendo rincoglionire da un'informazione inutile e martellante, che ci distrae dai nostri doveri civili e ci proietta in un agone in cui siamo tutti tenuti a dire la nostra, come se fossimo criminologi. Invece che rispettare il contegnosissimo dolore di una famiglia sfortunatissima, ci interroghiamo sui motivi che hanno portato un maniaco (o maniaca) a compiere un atto così bestiale. Ci stiamo facendo agitare come una folla forcaiola, mentre non ci stiamo formando una coscienza sul nostro futuro. Passiamo la nostra vita catodica a desiderare giustizia per una bambina morta, e non proviamo nemmeno ad immaginare i nostri diritti, doveri e le nostre opportunità di fronte allo scompaginarsi delle politiche nordafricane. Che ci riguardano molto più della piccola Yara.
Che riposi in pace.
venerdì 25 febbraio 2011
Libia in Fiamme
La Libia è alla guerra civile. Gheddafi fa sparare ad altezza uomo sui propri cittadini dall'esercito e da mercenari subsahariani. Il tutto passa come un vento di democrazia e libertà; la bella retorica di una volta, come quella che abbiamo già sentito negli anni novanta durante il crollo del sistema sovietico.
Le rivoluzioni, però, sono quasi sempre un cambio di guardia, un violento switch di classe dirigente, laddove la vecchia non vuole cedere il passo a quella nuova. Con quest'ultima che non sempre si dimostra migliore della precedente. Eltsin sul carro armato che straparla di democrazia è diventato il sistema oligarchico alla Putin. Se meglio o peggio di Gorbaciov, è tutto da dimostrare, e mi piacerebbe che qualcuno ci provasse: potrei imparare qualcosa di nuovo.
Ora sarà da vedere cosa accadrà, a livello diplomatico. Leggevo che il petrolio Libico è particolarmente puro, e quindi costa meno raffinarlo. Quindi, se la Libia dovesse chiudere i rubinetti, i prezzi dei carburanti (che sono i derivati del petrolio che necessitano maggio raffinazione) schizzerebbero verso l'alto. Sono stato abituato a considerare questo genere di informazioni come più importanti dei massacri tra i civili: tira più un metro di oleodotto che un carro di cadaveri.
L'Italia, ovviamente, si è ampiamente sputtanata grazie al nostro governo da operetta, che non ha esitato a stringere accordi con un dittatore sanguinario (che ci ha pure bombardato, tempo fa), in cambio di una stretta sui poveracci che vogliono scappare e di qualche firma su delle carte a favore dell'ENI. E tutto ciò senza risparmiarsi nulla: foto con baci ad anelli, amazzoni che si accampano a villa Borghese, una chiara unità di visione tra i due "Leaders Maximi". Solo che in Libia stanno cacciando via Gheddafi a calci in culo - forse perché è una popolazione giovane - mentre qui il parlamento applaude alle ammucchiate del capo del Governo. Forse perché siamo un popolo di vecchi, affamati di viagra, più che di decoro.
Le rivoluzioni, però, sono quasi sempre un cambio di guardia, un violento switch di classe dirigente, laddove la vecchia non vuole cedere il passo a quella nuova. Con quest'ultima che non sempre si dimostra migliore della precedente. Eltsin sul carro armato che straparla di democrazia è diventato il sistema oligarchico alla Putin. Se meglio o peggio di Gorbaciov, è tutto da dimostrare, e mi piacerebbe che qualcuno ci provasse: potrei imparare qualcosa di nuovo.
Ora sarà da vedere cosa accadrà, a livello diplomatico. Leggevo che il petrolio Libico è particolarmente puro, e quindi costa meno raffinarlo. Quindi, se la Libia dovesse chiudere i rubinetti, i prezzi dei carburanti (che sono i derivati del petrolio che necessitano maggio raffinazione) schizzerebbero verso l'alto. Sono stato abituato a considerare questo genere di informazioni come più importanti dei massacri tra i civili: tira più un metro di oleodotto che un carro di cadaveri.
L'Italia, ovviamente, si è ampiamente sputtanata grazie al nostro governo da operetta, che non ha esitato a stringere accordi con un dittatore sanguinario (che ci ha pure bombardato, tempo fa), in cambio di una stretta sui poveracci che vogliono scappare e di qualche firma su delle carte a favore dell'ENI. E tutto ciò senza risparmiarsi nulla: foto con baci ad anelli, amazzoni che si accampano a villa Borghese, una chiara unità di visione tra i due "Leaders Maximi". Solo che in Libia stanno cacciando via Gheddafi a calci in culo - forse perché è una popolazione giovane - mentre qui il parlamento applaude alle ammucchiate del capo del Governo. Forse perché siamo un popolo di vecchi, affamati di viagra, più che di decoro.
giovedì 24 febbraio 2011
Trapassaggio
Buongiorno, caro Etere.
In questo freddo febbraio, mi appropinquo all'ennesimo periodo di rivoluzione copernicana, nella mia breve e convulsa vita.
Dopo due anni, lascerò il mio blindatissimo posto di lavoro nel centro di Roma. Lo lascio in maniera controversa, con incomprensioni che mi recano molto dispiacere, in quanto - lo ribadisco - sono grato a chi mi ha fornito un lavoro che mi ha permesso di "scollinare" un paio di anni difficili. Le cose non vanno mai come uno se le aspetta: è il bello della vita.
Quello che mi aspetta è una valorizzazione della mia natura intellettuale, e di questo sono contento. Però sono un po’ confuso. Forse ho paura. Paura di cambiare per l’ennesima volta. Paura di non riuscire ad onorare i miei impegni, i miei libri da finire, per esempio. Però sono qui, a fronteggiare i miei mostri. E che Dio me la mandi buona!
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