giovedì 4 novembre 2004

Peach Tree Road


Era il 1968 quando il timido Reginald Dwight dismise i panni del giovane sfortunato per indossare il “costume” della Superstar del pop. Sono trentasei anni che ci sbomballa il cazzo con canzoni melense tutte uguali tra loro. Madame Tussaud gli ha dedicato una statua. Quella almeno non canta.
Quest’ultimo lavoro si presenta come deve: un disco stanco, di un personaggio pubblico che trova senso solo per i suoi eccessi da rotocalco, che non dice assolutamente nulla di nuovo. Canzonette d’amore prive di qualsiasi pretesa artistica, degne giusto come colonna sonora di fugaci rapporti in squallidi motel si susseguono senza soluzione di continuità. Il rapporto con Bernie Taupin, paragonato spesso con il binomio Battisti-Mogol, ci ha regalato perle come Rocket Man o Candle in the wind: come dire, la pubblicità di biscotti al cioccolato e una fanfara funebre per una principessa sfortunata e triste. Si sa, le affinità si attirano….


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